Un bosco di sculture

  • Monumento Alfonso XII. 1922. José Grases Riera. Foto de Álvaro López del Cerro.
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Bloggin Madrid

Nel Retiro, l'ex giardino dell'omonimo palazzo, è facile perdersi tra gli alberi mentre si sta cercando il monumento dedicato al nostro intellettuale, artista, eroe, dio, demone o idea preferita, perché si può trovare di tutto in questa raccolta realizzata tra le foglie con lo stampo o lo scalpello. Non tutte le statue presenti nel parco hanno lo stesso valore, ma molte di quelle incluse in questo elenco potrebbero tranquillamente trovare posto nei vicini musei del Prado e del Reina Sofía. Il nostro tour inizia alla Puerta de Madrid, che da Calle de O’Donnell, proseguendo in senso orario, scende verso sud lungo il Paseo de Coches (Paseo de Fernán Núñez) e fino alla Fontana dell’Angelo Caduto, per poi risalire verso nord e passare dal Parterre e dal Lago Grande. Di Ignacio Vleming.

Appena entrati, sul marciapiede troviamo quattro colonne dedicate al Maestro Chapí, compositore di zarzuelas come La revoltosa ed El tambor de granaderos. Sebbene la scultura attuale sia una replica dell'originale del 1921, realizzata da Julio Antonio, è possibile ammirare alcune caratteristiche tipiche dello stile fin de siècle, come la combinazione di più materiali - in questo caso granito e bronzo – e delle superfici ruvide o semi-ruvide che si alternano ad altre levigate, creando un effetto simile all’inclusione di zone messe a fuoco e sfocate all'interno della stessa inquadratura fotografica. L'allegoria della musica è ricca di dettagli: porta sulla testa una peineta spagnola - così come è spagnolo il genere che ha reso immortale il musicista - e tiene tra le mani una piccola Vittoria di Samotracia, emblema del classicismo.

Monumento a Ruperto Chapí. 1921. Julio Antonio.

Monumento a Cuba. 1952. Miguel Blay, Francisco Asorey, Juan Cristóbal González e Mariano Benlliure.

Un po' più avanti, guardando tra la vegetazione sulla destra, troveremo un monumento rotondo in pietra dedicato alla Repubblica di Cuba. Pur essendo stato inaugurato nel 1952, molti dei suoi elementi erano stati scolpiti vent'anni prima e costituisce una sintesi della scultura spagnola della prima metà del XX secolo.

La figura femminile sopra il podio rappresenta l'isola ed è opera di Miguel Blay, artista catalano che ha introdotto a Madrid il gusto modernista per le linee morbide e sinuose. Ai suoi piedi il complesso viene completato dall'effigie seduta di Cristoforo Colombo, realizzata dal galiziano Francisco Asorey, con uno stile molto più sobrio e un’espressività contenuta - ereditato dalla tradizione castigliana - e della regina Isabella la Cattolica, dell'andaluso Juan Cristóbal González, che mostra il suo interesse per il Quattrocento italiano, così tipico dell'art déco degli anni Trenta. Gli elementi in bronzo, la prua e la poppa di una nave che rimangono ancorati al piedistallo, e gli animali, delfini, iguane e tartarughe, sono opera del valenciano Mariano Benlliure, l'ultimo grande maestro della scultura realista, come scopriremo qualche metro oltre, alla nostra prossima tappa.

Scultura equestre del General Martínez Campos. 1907. Mariano Benlliure.

Veduta della scultura equestre del General Martínez Campos dal Monumento ad Alfonso XII.

Continuiamo a camminare lungo il Paseo de Coches fino alla scalinata che conduce alla piazza presieduta dalla scultura equestre del General Martínez Campos, uno dei monumenti più spettacolari del Parco del Retiro. Distante dall'idealismo dei modelli classici che celebrano i politici e i militari, qui l'artefice della restaurazione borbonica è ritratto con l'epopea della fatica e della stanchezza, in sella a un cavallo che, a differenza di quelli montati da condottieri e imperatori, china il capo in segno di sfinimento. Quest’opera è considerata una delle migliori di Mariano Benlliure e riflette pienamente lo stile realista a cui abbiamo fatto riferimento in precedenza. Per un attimo avvertiamo la sensazione di ammirarla tra la polvere delle battaglie – prese parte alle guerre carliste, a Cuba e in Africa – e sotto la luce del tramonto, anche se è mezzogiorno.

Monumento a Ramón y Cajal. 1922. Victorio Macho.

Vecchio accesso all’antica Casa de fieras del Retiro. 

Proseguendo verso sud, proprio accanto alla terrazza all'incrocio tra il Paseo de Coches e il Paseo de Venezuela (in direzione del lago e della Fuente de la Alcachofa), ci imbattiamo nel monumento dedicato al Premio Nobel Santiago Ramón y Cajal. Nel 1922 lo scultore originario di Palencia Victorio Macho vinse il concorso organizzato dall'Accademia di Medicina per celebrare il 70° anniversario della nascita dello scienziato. Per alcuni anni è stato collocato nel Parque del Oeste, ma a causa delle cattive condizioni del terreno si è deciso di trasferirlo al Retiro.

Il medico spagnolo, il padre delle neuroscienze, figura sdraiato come se fosse un filosofo greco assorto nei suoi pensieri che prende parte a un’agape, a cui forse, immaginiamo, sono stati invitati altri grandi intellettuali dell'Edad de Plata spagnola, come gli stessi premi Nobel José Echegaray, Juan Ramón Jiménez, Vicente Aleixandre, Severo Ochoa e Jacinto Benavente. Quest'ultimo ha il suo monumento di Victorio Macho nel Parco del Retiro, di cui parleremo più avanti.

Le fatiche di Ercole. 1650.

Orso della Casa de fieras.

Le due sculture più antiche del Parco del Retiro risalgono al 1650 e si trovano all'inizio e alla fine del tratto rettilineo del Paseo de Coches che, per oltre un secolo è stato un estuario dove navigavano le barche da diporto del re. Tuttavia, queste opere di autore ignoto non facevano parte del giardino del palazzo e provengono dal vecchio Alcazar, anch'esso scomparso. 

Entrambe si riferiscono alle fatiche di Ercole, eroe che fu posto dagli Asburgo all'origine del loro lignaggio. Il Leone di Nemea si trova nei pressi della Biblioteca Eugenio Trías, non lontano da un'altra scultura leonina utilizzata per indicare la posizione della Casa de fieras nel XIX secolo. Invece, l’Idra di Lerna è sistemata sull'isola centrale del Paseo, poco prima di raggiungere la Rosaleda. L'uccisione del leone e dell'idra rappresentano la prima delle dodici imprese che Ercole dovette compiere come penitenza per aver tolto la vita, in un impeto di follia, alla propria moglie, ai figli e a due nipoti.

Monumento a Galdós. Victorio Macho.

Monumento a Galdós. 1919. Victorio Macho.

Come il monumento a Ramón y Cajal, anche quello a Benito Pérez Galdós è opera di Victorio Macho. Si trova dietro una terrazza sul Paseo de Uruguay, di fronte alla Rosaleda. A differenza dello scienziato, che è sdraiato e vestito con una tunica come quelle antiche, lo scrittore figura seduto sulla sua poltrona e con le gambe coperte da una coperta, proprio come appare in alcune fotografie dell’epoca, quando era già anziano. L'autore di Fortunata y Jacinta assistette poco prima della sua morte all'inaugurazione di questa scultura, finanziata grazie a una pubblica sottoscrizione. In stile naturalista - sembra che da un momento all’altro possa iniziare a parlare - è una delle opere d'arte pubblica più preziose di Madrid.

Angelo caduto. 1878. Ricardo Bellver.

Piedistallo della scultura dell'Angelo caduto.

Molto più conosciuta della statua di Galdós è El ángel caído (L’Angelo caduto), opera del madrileno Ricardo Bellver che alcune guide turistiche considerano l'unico monumento dedicato a Lucifero esistente al mondo, aggiungendo anche che si trova esattamente a 666 metri sul livello del mare.

Grazie a questa scultura, che raffigura Lucifero al momento della sua espulsione e caduta nell'Inferno, l'artista ricevette la medaglia dell'Esposizione Nazionale del 1878. L'aveva realizzata durante il suo soggiorno all'Accademia di Spagna a Roma, probabilmente ispirandosi al gruppo ellenistico di Laocoonte dei Musei Vaticani. Lo stesso anno fu esposta all'Esposizione Universale di Parigi e nel 1879 il Museo Nazionale (l’attuale Museo del Prado) la donò al Municipio di Madrid, che decise di collocarla su un piedistallo nel luogo dove si trovava l'ex Fabbrica di Porcellane della Cina.

Area conosciuta come Campo Grande, dove si trova il Lago Piccolo.

Dadi di calcestruzzo. 1982. Agustín Ibarrola.

Addentrandoci nell’area conosciuta come Campo Grande - i dintorni del Palacio de Cristal che oggi occupano il centro del Retiro - troveremo due sculture di autori di alto livello. Estremamente modesto è il busto che Ignacio Pinazo, figlio dell'omonimo pittore valenciano, dedicò all'ingegnere forestale Ricardo Codorniú, chiamato l’“Apostolo degli alberi” per la sua instancabile difesa del rimboschimento. E sono ugualmente molto discreti, al punto da passare spesso inosservati, i dadi di calcestruzzo che il basco Agustín Ibarrola pose dall'altra parte del lago piccolo. Si tratta di uno dei pochi esempi di arte contemporanea presenti nel parco

Paseo de castaños (Viale dei castagni). Ricardo Codorníu. 1926. Ignacio Pinazo.

Jacinto Benavente. 1962. Victorio Macho.

Continuiamo la nostra passeggiata in senso orario, tornando verso nord, ma questa volta passando accanto al lato opposto del Retiro, più vicino al centro storico della città e a Calle de Alfonso XII. La nostra prossima tappa sono i giardini del Parterre, gli unici che conservano ancora la disposizione originaria del XVII secolo. Al centro di questa ampia spianata si trova la terza delle sculture di Victorio Macho che ammireremo oggi: il monumento al drammaturgo Jacinto Benavente. Un'opera che l'artista realizzò nell'ultima fase della sua carriera in base a un progetto del 1935. Non è un caso che sia stato scelto questo luogo, poiché la statua, una sorta di allegoria della commedia, ha letteralmente rimpiazzato il busto del dottor Benavente, noto pediatra e padre dell'autore de Los intereses creados. Oggi la testa del medico si trova su uno dei muri perimetrali. Raramente si è riflessa in modo così plastico che la fama di un figlio ha superato quella del padre.

Il Dottor Benavente. 1885.   Ramón Subirat y Codorniu. Paseo de castaños (Viale dei castagni).

Paseo de esculturas (Viale delle sculture). Foto di Álvaro López del Cerro.

Più avanti, il Paseo de las Estatuas (Viale delle statue), che prende il nome dalle sculture dei re che lo fiancheggiano, attraversa il parco del Retiro da est a ovest. Come quelle in Plaza de Oriente, queste statue furono realizzate per decorare il cornicione del Palacio Real, ma poiché la regina Elisabetta Farnese sognò che cadevano e uccidevano i passanti, furono rimosse dalla loro posizione originaria per essere collocate successivamente in vari spazi pubblici. Per questo motivo sono opere concepite per essere ammirate da una certa distanza, con delle teste un po' grandi e finiture grezze.

Monumento ad Alfonso XII. José Grases Riera.

Monumento ad Alfonso XII. Il progresso. Miguel Ángel Trilles.

Attraversando il Paseo de las estatuas raggiungiamo il Lago Grande del Retiro. Sulla sua riva si trova il più grande complesso scultoreo della città. Progettato dall'architetto José Grases Rierail Monumento ad Alfonso XII richiese la partecipazione di 24 artisti, tra cui alcuni a noi ben noti, come Miguel Blay e Ricardo Bellver. Infine, sull’alto piedistallo - che funge anche da belvedere - troviamo la statua equestre del re, opera di Mariano Benlliure. Nel vano di accesso al colonnato restiamo sorpresi dalla gigantesca scalinata dell'allegoria della Marina, realizzata dal cordovano Mateo Inurria che, grazie a Ignacio Zuloaga, aveva conosciuto Rodin nel 1905 in occasione della sua visita in Spagna.

Monumento ad Alfonso XII. La Pace. 1922. Miguel Blay.

Monumento ad Alfonso XII. 1922. José Grases Riera.

L’elenco delle sculture del Retiro è ancora molto lungo. Tra le più apprezzate figura quella di Mingote, nelle immediate vicinanze della stazione della metropolitana che lui stesso ha decorato. Con quest'opera di Alicia Huertas nel 2014 il Municipio ha voluto rendere omaggio al disegnatore. E vicino alla Casa de vacas si trova il monumento di Lorenzo Coullaut Valera ai Fratelli Álvarez Quintero, maestri di sainete ai quali è dedicato quello che probabilmente è il complesso più kitsch dell’intero parco e di tutta la città, in cui viene rappresentata una scena di corteggiamento nel più puro stile gitano. Nei dintorni troviamo un ritratto di gruppo in pietra che lo stesso autore ha dedicato a Ramón de Campoamor, in cui una giovane donna si avvicina al poeta con uno dei suoi libri in mano. Così siamo ritornati alla Puerta de Madrid, il punto di partenza di questo percorso. Ci saranno altre occasioni per perderci nel bosco di sculture del Retiro.

Mingote. 2014. Alicia Huertas. Foto di Álvaro López del Cerro.

Monumento ai fratelli Álvarez Quintero. 1932. Lorenzo Coullaut Valera.

Monumento a Campoamor. 1914. Lorenzo Coullaut Valera.

 

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